mercoledì 28 gennaio 2015

Noi cambieremo il mondo. Parte prima episodio uno

Noi cambieremo il mondo.
Una storia del Novecento
di
Stefano Viaggio


Il volto di un uomo non è né semplice né levigato: vi si scoprono linee, cavità, protuberanze, porosità, particolari, come mai a distanza se ne erano viste sulla faccia della gente. La terra non è né semplice né levigata.
da "Il cavallo di Troia" di Paul Nizan.

 

Clotilde
(1935)

-Hai paura di Armanti?-
Giulio Armanti professore di greco e latino nel liceo di una cittadina che situiamo nell'Italia nord occidentale, era stato allievo di Giovanni Pascoli.
-Un po'.-rispose Giovanni.
Di Armanti il giovane eroe della nostra storia, aveva paura solo un po'. Questa era la sua sensazione in quel momento, dinnanzi alla domanda del suo compagno di scuola, Marco Veneziani.
E per la prima volta ne era consapevole. Provava un senso di leggerezza dopo aver pronunciato quel un po'.
-Punta il fucile e  spara. Veneziani! Potrei fingere di star male...-
Giovanni si chiese quanti minuti sarebbero passati prima che il sole scomparisse dietro le montagne.
Si accendevano i lampioni e i carri  attraversavano la città. Giovanni immaginò la fontana di Piazza Vittorio Veneto, simile a un grande monumento di ghiaccio. Ancora una volta l'inverno era gelido e luminoso.
La signora Veneziani entrava in scena con il vassoio alle quattro meno un quarto. E sembrava soddisfatta per la presenza del figlio dei Riva nella sua casa.
I Riva erano gran signori, invece sui Veneziani le malelingue raccontavano che il Cavaliere aveva fatto i soldi con gli appalti truccati delle commesse militari durante la guerra di cui i due ragazzi avevano sentito raccontare. Giovanni era nato nell'anno del tormento, il ventisette giugno del millenovecentodiciassette.
L'avvocato Alfonso Riva era stato interventista e la guerra l'aveva fatta dal quindici al diciotto, nel sedici aveva ottenuto una licenza e così aveva fatto un figlio, l'unico.
Alfonso Riva: tre ferite leggere e una medaglia d'argento, congedato col grado di capitano.
Il Cavalier Veneziani era rimasto a lavorare per la patria, dirigendo la sua fabbrica tessile. Diceva così, l’uomo alto e massiccio che da giovane aveva fatto il muratore in Francia.
La signora Veneziani non comparve con il vassoio, ma la sua voce lontana ruppe la tranquillità che sommergeva l'appartamento del palazzo di Via Torino.
-Mia madre litiga con la Vedova.-disse Marco.
Giovanni guardò Marco.
Avevano la stessa età, fra i due il più robusto era Marco.
A cinquant'anni sarebbe stato un uomo alto e grosso. Solido come suo padre.
-E’ vedova, la cameriera?-
Giovanni non aveva più voglia di studiare. Desiderava assistere allo spettacolo dei carri che entravano nel deposito. Gli piaceva osservare le lanterne dondolare appese ai carri. Con la memoria tornava a quella prima e malinconica emozione provata a Venezia, durante una lontana vacanza natalizia. All'improvviso, sul Canale era salita la nebbia e i lampioni delle gondole erano sembrati a Giovanni una lunga processione per un mondo che finisce. Quel giorno Giovanni aveva provato  la sua prima malinconia che si rinnovava a diciotto anni, ad ogni invernale calar del sole.
Ebbe voglia di esser fuori da casa Veneziani e libero di assistere al ritorno dei carri. E sentì  l'odore di sterco e sudore animale. Riconobbe, una a una, le facce dei carrettieri. I larghi cappelli  che li rendevano misteriosi, come pirati al ritorno da scorrerie per mari lontani, solo a loro noti e preclusi ai comuni mortali. E le sciarpe di pesante lana. Nelle sere più fredde celavano  il viso di quegli uomini. E il vapore soffiato dai cavalli nel freddo pomeriggio.
Parve allora a Giovanni di udire le voci dei carrettieri venir su dalla strada, dalla piazza, dai vicoli della città.
-Non ce l'ha  mica con la cameriera.-rispose Marco-Se la prende con la sarta. La chiamano "Vedova Rossa". Clotilde. Era la moglie di un sovversivo che hanno ammazzato quando eravamo bambini. Gente losca. Però anche mia madre...Dice che le fa compassione, si son frequentate quando erano ragazze. Poveretta...-
Il rimprovero si udì per tutta la casa.
-Non va. Non va! Ho avuto già storie con mio marito per la fiducia che ti ho dato,  cara mia. Non va!-
Giovanni guardò il libro di greco.

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-Ho bisogno del bagno.-disse.
-Sai dov'è. Io riguardo la versione.-rispose Marco.
Le due donne in piedi, una davanti all'altra, erano nella penombra del vasto salone. Clotilde indossava un cappotto che a Giovanni sembrò vecchio e ingrigito. Reggeva fra le dita sottili un pezzo di stoffa chiara. La signora Veneziani, di statura più alta, diceva qualcosa e indicava la stoffa. Sollevò il capo e con un sospiro si guardò attorno. Vide Giovanni, quasi affacciato sulla soglia del salone. Allora gli inviò un sorriso, come per chiedere scusa del fatto increscioso che avveniva in casa sua.
A Giovanni parve che le dita dell'altra tremassero.
Anche Clotilde gettò un rapido sguardo allo sconosciuto spettatore. La Vedova Rossa portava un paio di vecchie scarpe con le punte consumate.
Giovanni proseguì rapido nel corridoio e chiuse la porta del bagno alle sue spalle. Ebbe allora una sconosciuta sensazione di solitudine e  pace. Si appoggiò alla porta e osservò l'arredo chiaro e scuro di quel luogo che lo isolava dal resto del mondo.
-Sembra proprio una donna del Borgo Vecchio.-
Tirò la catena dello sciacquone e ritornò lentamente sui suoi passi. Il salone era deserto.

Verrà con i biscotti. Ho fame.

Giovanni gettò uno sguardo alla sua immagine riflessa nel grande specchio del corridoio e portò alla fronte la mano destra nel gesto di ravviarsi i capelli. Udì Marco che lo chiamava.

Rivedrò quella donna?

Dopo mezz'ora Giovanni annunciò a Marco Veneziani che non poteva fermarsi. Inventò come scusa la visita di certi amici di famiglia. La signora Veneziani sulla porta d'ingresso si raccomandò tanto di portare i suoi saluti alla signora Elena.
-E' più di un mese che non vedo la signora.-
E qui escono di scena i Veneziani, che pure ebbero la parte più importante nella nostra storia.
Giovanni decise che non sarebbe tornato subito a casa. Sapeva che se Armanti l'indomani l'avesse chiamato alla cattedra, per lui sarebbe stato come e peggio di Caporetto. E Armanti era il tipo che certe cose se le legava al dito. Vendette implacabili, protratte fino all'esame di maturità.
-L'inverno è lungo.- mormorò tra se quando fu in strada.
Camminò in fretta verso il centro. Aveva percorso quasi per intero Via Torino e si accorse che alla sua destra c’era una stradina che saliva in alto. Giovanni si fermò a guardare il ricettacolo oscuro.
-Da qui si sale al Borgo Vecchio.-disse nel silenzio. Si rivolgeva a un interlocutore che non c'era, ma improvvisamente apparso sul limitare della stradina oscura.  
Attraversare il Borgo e scendere poi in Piazza Vittorio Veneto, questa era una cosa che non aveva mai fatto.
Giovanni si ritrovò a camminare fra pareti di vecchie case dell'antica città medievale che quasi si toccavano fra loro. Saliva in un’oscurità appena interrotta da vecchi, deboli lampioni e nel silenzio. Il freddo gli toglieva il respiro e fu costretto a tirar su la sciarpa davanti alla bocca per continuare a salire.
Più in alto, due donne scendevano frettolose. Nel dialetto cittadino che  Giovanni non praticava, commentavano qualcuno o qualcosa. Svanirono nel buio di un portoncino. E di nuovo fu silenzio e freddo.
Giovanni sostò un momento per riprender fiato e gli parve che più in su il vicolo si allargasse in una piazzetta. Accelerò il passo, sicuro di trovarsi presto fra le luci di Piazza Vittorio Veneto.
Superò il portoncino in cui erano sparite le  donne e si accorse di  una finestrella debolmente illuminata al piano superiore del vecchio palazzo che gli sembrò l'unico segno d'una presenza umana. Ma non si udiva alcuna voce.

Noi non parliamo così. Il babbo, la mamma, zia Lucia, Armandina, io. Tutti parliamo con un tono moderato. Mo-de-ra-to

Approdò nella piazzetta illuminata da un antico tabernacolo dedicato alla Madonna del vicino Santuario e desiderò la sua stanza, la sua casa, il giardino della villa, i ritratti di chi aveva costruito la fortuna della famiglia Riva, la carta da parati appena rinnovata in salotto.

Debbo tornare a casa e studiare. ST U DI A RE. Ma quanto è lontana la mia casa?

Lontane luci più in basso e quasi di pianura, gli indicavano una direzione.
Imboccò a destra un vicolo in discesa e camminava in fretta, incurante del freddo e del sudore che gli procurava brividi febbrili.

Casa mia sta a due passi da quest'alveare. Tutto è maledettamente vicino in questa città!

Provò un'assurda sensazione di timore e quasi ad alta voce parlò ancora, mentre s'affrettava a camminare.
-Ci arriverò mai, a casa mia?-
Ma il vicolo digradante all'improvviso s'interruppe e una povera strada appena illuminata da due lampioncini assai miserabili, gli si parò davanti nella nebbia e nel gelo.

Cretino. Non sei un bambino

Si dava coraggio. E in Piazza Vittorio Veneto, al numero 7, c'era lo studio dell'avvocato Riva.
Giovanni ebbe piena coscienza che per la prima volta percorreva il Borgo Vecchio. Non l'aveva mai fatto. Mai. In vita sua era sempre passato accanto al dedalo di viuzze. E ora tutto questo aveva un sapore di peccato. Sentiva che c'era qualcosa di cattivo in quel freddo pomeriggio invernale.
E inesorabile, la nebbia saliva dal fiume e invadeva strade, vicoli, s'infilava nei portici. 
Gruppi di uomini con cappello e cappotto, il bavero sollevato sul collo, passeggiavano sotto i portici di Piazza Vittorio Veneto e fumavano sigarette appese a lunghi bocchini d'osso bruno. Erano conversazioni serali di donne, d'affari e di famiglia, tirate alla lunga mentre finiva il giorno.
I carri dalle lanterne ondeggiati, intanto erano già al sicuro nell'antico deposito.
E Giovanni stava più in alto di tutto questo andare e venire sempre uguale, all'apparenza mai turbato.
Al centro di un crocicchio sconosciuto si guardò attorno. Udì i passi alle sue spalle, si volse con il cuore che batteva forte e vide una donna con un pacchetto sotto il braccio che gli veniva incontro.
Giovanni pensò di chiedere a lei la giusta direzione per scendere in basso e  arrivare al più preso a Villa Riva.
Lei non lo guardò neppure e proseguì per la sua strada.
La Vedova Rossa superò il crocicchio, prese a destra e sparì in un androne dalla volta di pietra. Antica, bassa, umida era quella casa. Giovanni allora si mosse, accelerò il passo e sulla soglia non entrò. L'oscurità lo respingeva, solo una debole lampadina rischiarava la prima rampa di scale. E quel chiarore aggiungeva una tristezza infinita allo strano pomeriggio invernale di Giovanni Riva.

poveretta sovversivo gente losca

Fece un passo indietro, si volse prima a destra, poi a sinistra. 
E  in fondo a una nuova e sconosciuta stradina gli parve di riconoscere i noti luoghi di sempre e presto i lampioni di Piazza Vittorio Veneto lo accolsero.

-E' pronto il rapporto?-
Nebbia. La città s'intristiva nella sera uguale a tutte le sere di ogni inverno. E nella nebbia. Il funzionario  si ricordò della sua terra.

Sole

-Ecco qua, superiore.-
Ciardullo indossava una divisa troppo larga.
Il funzionario lo osservò per un momento.
-Da quanto tempo non torni a Foggia, Ciardullo?-
Ciardullo sollevò le sopracciglia e tutte le pieghe della fronte formarono onde.
-Sei anni, superiore.-
-A Foggia, ora, che tempo farà?-
-C'è quasi la primavera, superiore. La primavera. Da noi i fiori e il grano...Mi ricordo da ragazzo...-
Il funzionario abbandonò l'interesse per i ricordi di Ciardullo. Fuori la nebbia si tagliava al coltello.
Lesse il rapporto.

[documento proveniente dal Casellario Politico Giudiziario e ritrovato in fotocopia tra le carte di Giovanni Riva]

"Oggetto:
situazione in città: azione e prevenzione antifascista.
Nel mese scorso il nostro informatore non ebbe niente da segnalare. Anche nel Borgo Vecchio non si notano movimenti particolari di nostalgici. E' pure da dire che il soggetto posto in osservazione non ha avuto incontri negli ultimi mesi. La posta della Clotilde Calosso è sotto controllo, ma è da sottolineare che essendo vedova e non avendo altri parenti in città, riceve poche lettere all'anno prevalentemente da Genova dove abitano i cugini del marito, Mario Verdi, sovversivo comunista, morto undici anni fa. La sopraindicata Clotilde Calosso gode comunque di molta stima fra gli abitanti di Borgo Vecchio che continuano a chiamarla col soprannome di "Vedova Rossa". Il nostro informatore segnala che nelle ultime settimane è stata organizzata una colletta in favore di tal Rosa Guidi, moglie di Alberto Guidi, social-comunista confinato a Ponza.

-Mario Verdi.-
Il funzionario sollevò gli occhi. Ciardullo stava sempre impalato a destra della scrivania.
-Vai, vai pure.-aggiunse il funzionario. Ciardullo si mosse.
-Ciardullo.-
-Comandi.-
-Tu dove stavi undici anni fa?-
-A Foggia, superiore. A Foggia, e dopo mi sono arruolato.-
-E che facevi a Foggia?-
-Il contadino, superiore. Andavo con mio padre, lui ogni mattina mi portava in piazza e ci chiamavano. Mio padre era forte. C'aveva due braccia!-
-E tuo padre, ora che fa?-
-S'è fatto vecchio. In piazza il posto l'ha passato a mio fratello.-
Il funzionario sorrise.
-Per oggi abbiamo finito. Vattene pure in caserma.-
-Agli ordini, superiore.-
Il funzionario accese una sigaretta, guardò il rapporto mensile privo di notizie interessanti e incapace di suscitare alcun entusiasmo nel suo fiuto. Neppure una nuova maldicenza. Il rapporto stava lì: era un semplice foglio di carta posato accanto al calamaio, al porta pennini, alla carta assorbente.

Undici anni fa? Stavo a Bengasi. Mai nebbia. Mai. Però tutto quel calore, e chi lo sopportava. Il deserto? E' meglio della nebbia: questo è sicuro. Undici anni. Perdio! Di cose ne sono successe in undici anni. Come si chiama? Mario Verdi...La gente se l'è dimenticati. Matteotti? Pace all'anima sua. Nitti. E che fine ha fatto? Amendola? Pace all'anima sua. Però, era un vero signore. All'antica. M'è dispiaciuto quando l'hanno ammazzato a botte. Bestie. L'avrei mandati io, in mezzo alla sabbia a fare la guerra ai beduini. Quassù tutto era facile. Mario Verdi era il marito di questa Clotilde. La Vedova Rossa. Chissà se è una bella donna, oppure...

Il bacio di signora Elena sfiorò la fronte di suo figlio.
-Come mai così tardi?-
-Forse domani Armanti interroga. Anzi è meglio dare ancora un'occhiata al greco.- Giovanni porse il cappotto ad Armandina.
-Stasera c'è Macbeth alla radio, lo ascolti con me?-
-Macbeth! A che ora?-
-Alle otto.-
-Allora faccio in tempo, solo una versione.-
-Tuo padre ha telefonato. Ha da fare in ufficio, dice di non aspettarlo per cena. Ce la fai?-
Giovanni saliva la scala in fretta, ma dovette fermarsi prima dell'ultimo gradino.
-Si. Stai tranquilla.-
La sua voce era quasi rotta da un'insolita fatica.
Allentò il nodo della cravatta mentre entrava nella sua stanza.

Ora debbo sedermi a questa scrivania e tirar fuori il libro. Ripasso solo gli ultimi versi. Dio me la mandi buona. Macbeth non voglio perderlo

Giovanni si volse per afferrare la cartella. Il gesto di posar la mano sul morbido cuoio gli parve esitante e non aveva nessuna voglia di ripassare quei versi.

Avrà vent'anni più di me questa Vedova Rossa. E' stato un caso. Che vado a pensare. Poveretta. Sovversivo. Gente losca. E' meglio che me lo tolgo dalla testa il ritornello o divento cretino. Ho fame.

L'assenza di suo padre a cena gli fece quasi piacere.

Perchè quando c'è lui, tutto diventa triste?

Giovanni prese il libro e aprì alla pagina da tradurre.

Raccogliere i morti. Antigone va a raccogliere i corpi dei caduti in battaglia. Le vedove. Sono vestite di nero, portano i veli alle celebrazioni e sono tante le vedove della guerra. Zio Giulio va sempre a salutare le vedove. Lui, suo marito, come l'hanno ammazzato? Lui. Chi era? Gente losca. La gente losca si ammazza mentre scappa, con un colpo alla schiena. Come i traditori in guerra. La Vedova Rossa. In quell'anniversario lei si veste di rosso. Come le donne dei casini. Come la ragazza della fotografia che ci ha fatto vedere Martini. Tutta nuda e con le gambe aperte. Martini ha promesso altre fotografie con le donne dei casini.

Non aveva nessuna voglia di ripassare il greco.

Perché ho chiesto di andare al bagno senza aver bisogno? Ho preso una strada diversa da quella di casa mia. Ho avuto paura. Perché dopo aver visto lei, la Vedova Rossa, ho riconosciuto i lampioni di Piazza della Vittoria?

S'era mischiato fra la gente dopo aver abbandonato i vicoli stretti della rocca medioevale. Gli era sembrato che sotto i portici, con le insegne e le vetrine illuminate, il mondo fosse confortevole e caldo. Aveva incontrato persone che conosceva e qualcuno l'aveva salutato. 

M'è passata la paura di non trovare più casa mia. Mia madre. Come un bambino che si perde. Sono uno stupido. A diciotto anni…come un bambino.

Congiunse le mani dietro la nuca, appoggiò la schiena alla spalliera della sedia e si dondolò un poco osservando un quadretto con dipinto un torrente di montagna.

E' insopportabile

Giovanni si dondolò ancora.

Chissà cosa fa? Vive sola. Cuce il vestito per la signora Veneziani. Che fastidio quella voce! Su…più su… L'altra ha risposto, poi è stata zitta

Guardò l'ora: sette meno dieci. Addio greco.
Lasciò la scrivania e s'avvicinò ai suoi libri. Trovò subito il volumetto che cercava e lesse ad alta voce.
Noi tre ci rivediamo quando?/
Con tuoni, pioggia, o lampi? A baraonda finita,/
a guerra persa e vinta./
Prima di notte allora./
Dove?/
Sopra la steppa./
Per incontrarvi Macbeth./
Gattomammone, vengo!/
                                                                    Rospo chiama!/
Aspetta!/
Brutto è il bello e bello il brutto./
Su, per la nebbia e l'aria unta
E decise che presto sarebbe tornato lassù, e avrebbe conosciuto quella donna.

Ma subito l'idea gli parve così assurda da indurlo  a liberarsi del libro. E doveva rimetterlo al suo posto ancor prima della cena. Le streghe di Macbeth dovevano tornare nella biblioteca di casa Riva, confuse fra le mille e mille storie che il luogo sacro alla famiglia custodiva. Era questo il solo modo per scacciarle dalla sua stanza, quella sera e per sempre. E gli venne in mente che fra poco la voce di qualcuno, lontana e sconosciuta, avrebbe parlato per lui da una macchina di cui non comprendeva ancora tutto il meccanismo. 
fine dell'episodio uno

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