Giovanni guardava gli operai che
chiacchieravano tranquilli, l'espressione dei volti era serena. Dietro il
grande cancello altri operai scherzavano con chi sostava nella strada. Una
donna distribuiva manifestini, aveva lunghi capelli neri e sorrideva quando si
fermava a scambiare qualche parola con gli operai. Sul risvolto del cappotto
portava un piccolo distintivo rosso.
Giovanni attraversò la strada e si
avvicinò alla donna.
-S'il vous plait.-
Lei lo guardò indecisa, ma diede
il foglietto a Giovanni che provò a sorridere. Si guardarono per un momento e
Giovanni trovò il coraggio di parlare. Le disse che s'era perso e che cercava
una strada: mostrò l’indirizzo, disse che in quella strada ci abitavano gli
italiani.
-E' vero.-rispose la donna.-E'
proprio qui vicino, devi andar diritto e prendere la seconda a destra.
Gli italiani che cerchi sono tutti antifascisti. E tu, sei fascista?-
Giovanni scosse la testa con
violenza. Non si aspettava la domanda, ma quella donna gli piaceva, tutto
quello che accadeva attorno a lui gli sembrava magnifico. Una fabbrica con
dentro operai che non lavoravano, altri operai accanto a bandiere e striscioni,
falci e martello e manifestini per i quali in Italia c'era il carcere
assicurato.
Qualcuno aveva intonato una
canzone che Giovanni non aveva mai udito.
-Bravò, italiano. Un giorno anche
in Italia gli operai alzeranno la testa, non è vero?-
A Giovanni la donna sembrò bellissima.
Come avrebbe voluto essere insieme a Clotilde, a Tunin, ai compagni con i quali
s'era riunito in segreto. E avrebbe voluto accanto a se Agnese che gli aveva
portato, senza capire niente di quello che accadeva, il biglietto di Clotilde
con l'indirizzo dei Ferri.
Ma invece era solo, a Parigi.
-Mercì, madame.-disse e attraversò la folla di operai,
sperò di udire una voce che parlasse italiano. Si sarebbe fermato e avrebbe
detto: "mi chiamo Giovanni Riva, vengo dall'Italia e la penso come
voi."
Ma non udì nessuno parlare in italiano, si allontanò
dallo sciopero e seguì l'indicazione della donna. Presto si perse in un intrico
di viuzze e cortili fangosi.
Udì voci di bambini che
provenivano da un cortile. Urlavano fra loro in italiano.
-Chi sei?-gli chiese il
ragazzino.
-Sono un amico, l'indirizzo me
l'ha dato Clotilde Calosso.-
Il ragazzino si staccò dal gruppo
e si avviò verso l'uscita del cortile. Una bambina disse a Giovanni:
-Quello è il figlio di Costantina
Ferri, vai dietro a lui e la trovi.-
Costantina lo invitò a sedersi
nella piccola cucina, Giovanni chiese un bicchier d'acqua. Più che la fame era
la sete a tormentarlo, non aveva quasi denaro in tasca e non sapeva dove
avrebbe passato la notte. La donna ascoltò il suo racconto in silenzio, quando
Giovanni terminò di parlare disse:
-Mio marito sarà qui a momenti.-
Pochi minuti dopo Pietro Ferri
tornò dal lavoro. Ascoltò anche lui il racconto di Giovanni e quando seppe che
il giovane si chiamava Riva, gli tornò in mente un nome.
-Sarai per caso parente di un
certo Giulio Riva?-
-E' mio zio.-disse Giovanni.
Pietro tacque, si ricordava bene
di Giulio Riva, uno dei capi del fascio della città e comandante di una
spedizione punitiva in cui una donna incinta aveva perso il bambino.
Pietro mormorò qualcosa alla
moglie, prese il berretto e uscì di casa sbattendo la porta. Prima di andarsene
aveva detto a Giovanni:
-Tu non muoverti.-
E aveva lanciato un'occhiata alla
moglie e ai figli, tre maschi e una
femminuccia, per dire: "se ve lo lasciate scappare vi spello vivi".
Costantina mise sulla tavola un
pezzo di pane e un angolo di formaggio.
-Avrai fame.-disse.
Giovanni cominciò a
sbocconcellare il pane e mandò giù a fatica il pezzetto di formaggio, ma non
aveva fame. Gli era passata del tutto quando aveva compreso che quella gente
non era ben disposta nei suoi confronti e lo avrebbero volentieri messo alla
porta.
Pietro ritornò dopo mezz'ora. Giovanni dormicchiava, con il capo sulle braccia incrociate sul tavolo.
Gli andò vicino e lo scosse
bruscamente.
-Tu vieni con me.-disse.
-Dove andiamo?-chiese Giovanni,
stordito da quei modi che mai nessuno aveva usato con lui.
-A te non interessa.-rispose
Pietro e s'avviò per primo verso la porta di casa. Si volse e disse ancora.
-Sbrigati.-
Giovanni gli andò dietro e lo
seguì nelle stradine della periferia parigina, poi Pietro imboccò un vicolo
oscuro. Si fermò dopo aver percorso pochi metri e batté contro una porticina
che subito si aprì. Giovanni fu introdotto in un piccolo locale in cui c'erano
tre persone e odore di vino.
Carboneria.
Tutto gli sembrava simile a
quell'antica società segreta.
Sedette davanti agli sconosciuti,
tre uomini sui quarant'anni illuminati debolmente da una lampadina che pendeva
da una trave del soffitto molto basso.
Giovanni cominciava ad aver
paura.
Ora mi ammazzano.
Ma invece non succedeva niente,
gli uomini lo guardavano e Pietro taceva. Dopo secondi interminabili uno dei
tre, forse il più anziano, estrasse dal taschino della giacca il biglietto di
Clotilde e lo osservò per un momento.
-Qualcuno ha tradito i nostri
compagni, oggi sono tutti in galera.-si volse verso gli altri-Tutti, tranne
questo, il signor Riva. Perchè?-
E i tre tornarono a guardare
Giovanni.
E' vero. Qualcuno ha fatto la spia, non sarei qui senza un traditore. Ma
chi? Questi non mi crederanno mai.
-La mia famiglia in città conta.
Credo che non mi abbiano arrestato per riguardo a mio padre e mio zio.-
L'uomo emise un "hum".
-Sarà vero?-
Si rivolgeva sempre agli altri. A
Giovanni l'uomo dava fastidio: non aveva messo in conto di non essere creduto.
-Tu rimarrai in custodia di
Pietro Ferri. Fai attenzione, perché se ci prendi in giro te la vedrai molto
brutta. Per stasera puoi andare a dormire.-
Aveva parlato con l'indice
puntato al petto del ragazzo. Come la canna di una pistola.
-Il biglietto non è falso. Io
Clotilde Calosso l'ho conosciuta meglio di loro e non manderebbe una spia in
casa mia.-ripeteva a se stessa Costantina. Ascoltava il leggero russare di
Pietro, i bambini dormivano quieti mentre sul ballatoio anche Giovanni dormiva.
S'era sdraiato sul vecchio pagliericcio che gli aveva dato Costantina e subito
era caduto in un sonno profondo.
Costantina sentì suo marito
muoversi, lei non aveva dormito per quasi tutta la notte.
Che succede in Italia? Un ragazzo, figlio
di borghesi, scappa a Parigi dopo aver
rischiato la galera perché s'è compromesso con i comunisti. O è Clotilde che se
l'è messo nel letto e allora…
Pietro aprì un occhio.
-Sei sveglio?-
Il marito le rispose con un
grugnito, allora Costantina si sentì autorizzata a parlare.
-Che avete deciso per il
ragazzo?-
-Niente. Ho sonno.-
-Non avete deciso niente?-
Ora Pietro era sveglio del tutto.
-Sta zitta! Svegli tutti. Per il
momento resta da noi: il partito deciderà. Lo capiremo presto se è una spia.-
-Una spia non si presenta in
questo modo.-
Pietro tacque, forse Costantina
aveva ragione. E se invece i fascisti avessero cambiato tattica?
-Clotilde è una brava
compagna.-disse Costantina.
-E da quanto tempo non vedi la Calosso ?-
-Da quando ce ne siamo andati.-
-E allora?-
-E allora cosa?-
-Son passati quasi dieci anni. E
succedono tante cose in dieci anni.-
-Ma se le hanno ammazzato il
marito.-
-Tutto può succedere.-
-Il ragazzo dice che l'hanno
arrestata.-
-Questo lo sapevamo già. Dobbiamo
aspettare una conferma.-
-E cosa farà in questi giorni a
casa nostra?-
-Niente. Non dovrà uscire, lo
sorveglieremo.-
-Ma quanto durerà questa storia?-
-Non lo so. Non lo so. Il partito
deciderà.-
Tacquero. Il tic-tac della
sveglia ricordava a Pietro che fra poco avrebbe dovuto lasciare il letto caldo,
sua moglie, i figli. E ora questa nuova preoccupazione.
E se ha ragione lei?
Diede un'occhiata a Giovanni che
dormiva come un sasso, entrò in cucina e andò a sedersi al tavolo dopo aver
acceso la stufa. Pietro faceva tutto da solo, non voleva essere servito da sua
moglie.
Se ha ragione Costantina vuol dire che in Italia si muove qualcosa tra
i borghesi. Il partito non sbaglia:
bisogna estendere le alleanze e proprio ora che preparano nuove guerre. Se
questo dice la verità è la prova che il partito vede giusto. Bisogna aspettare.
Ma quanto? E se passano mesi, questo può rimanere in eterno chiuso in casa
nostra?
Passò una settimana. A Giovanni
era stato ordinato di non muoversi, oltre a Costantina e ai figli di Pietro Ferri
veniva sorvegliato da un altro carceriere. Un giovanotto alto e ossuto che si
presentava in casa Ferri verso le otto del mattino e se ne andava tre ore dopo.
Sedeva in cucina, non diceva una parola e leggeva l'Umanité. All'inizio
Giovanni aveva provato a dire qualcosa, ma il giovane l'aveva guardato senza
rispondere ed era tornato ad occuparsi del suo giornale. Giovanni dopo tre
giorni di silenzi e segregazione pensava che prima o poi sarebbe impazzito. I
bambini lo guardavano con astio, Pietro gli rivolgeva si e no qualche parola,
solo Costantina parlava con il ragazzo. Gli aveva chiesto della città e di
Clotilde. Giovanni le aveva raccontato come aveva conosciuto la Vedova Rossa e a
Costantina era parso che a Giovanni venissero le lacrime agli occhi.
-E la tua mamma?-gli aveva
chiesto.
Giovanni aveva taciuto per un
momento.
-Preferisco non parlarne.-
E Costantina gli aveva risposto
con un sospiro.
-E c'è un'altra persona, se solo
potessi...-aveva aggiunto Giovanni. Ma era come se parlasse a se stesso e il
discorso non era andato avanti.
Costantina s'era convinta che il
ragazzo diceva la verità.
Due sere dopo affrontò il marito.
-Domani lo studente va a
lavorare. Sono stanca di averlo per casa e se continua così ci lascia le penne.
E secondo me dice la verità, non c'è motivo di tenerlo prigioniero.-
Costantina sembrava decisa a
risolvere la situazione a suo modo. Pietro provò a rispondere:
-Il partito...-
-Il partito è pieno di gente come
te, con la testa dura. Mettete alla prova lo studente!-tagliò corto Costantina.
L'indomani a Giovanni fu
annunciato che il regime di segregazione era finito. Gli dissero che doveva
guadagnarsi il piatto di minestra che riceveva in casa Ferri.
Pietro lo svegliò che era ancora
buio e senza dire troppe parole lo condusse sino a una stazione ferroviaria.
Era solo uno scalo periferico. Affidò Giovanni al giovanotto ossuto e
silenzioso. Quello non gli tese la mano per salutarlo, s’incamminò per un
sentiero che costeggiava i binari e raggiunse un mucchio di carbone con un badile
conficcato in cima. Afferrò il badile e ritornò da Giovanni.
-Se vuoi diventare un vero
comunista impara cos'è il lavoro. C'è da caricare il carbone sui vagonetti. Au revoir,
studente.-disse.
E lasciò Giovanni alle prese con
qualcosa che non aveva mai fatto nella vita.
Le mani erano piene di piaghe, ma quella sera Giovanni era meno
sconsolato. Avrebbe voluto leggere, ma in casa Ferri non c'erano libri e gli
opuscoli che gli era parso di vedere in una scansia della cucina erano proibiti
per lui. Pietro gli aveva detto:
-Questa roba a te non deve
interessare.-
E Giovanni s'era dovuto
accontentare dei giornalini che i figli di Costantina gli avevano prestato di
malavoglia.
Giovanni si distese sul
pagliericcio dopo aver divorato il piatto di minestra che Costantina gli aveva
lasciato, avrebbe volentieri aiutato i ragazzi a fare i compiti, ma non osava
chiedere. Pochi minuti dopo tornò Pietro. Aveva prelevato il ragazzo e l'aveva
accompagnato a casa, poi se n'era andato in fretta. Costantina avvertì nell'espressione
di suo marito che c’erano novità. Pietro si avvicinò a Giovanni.
-Tirati su, vogliamo parlarti.-
Scesero in strada e raggiunsero
il vicolo oscuro su cui si apriva la porticina di quello che a Giovanni era
sembrato un retrobottega. Li accolsero i tre personaggi che Giovanni aveva
conosciuto la sera del suo arrivo e una quarta persona che non sembrava un
operaio. Questo Giovanni lo comprese subito. Era sui trent'anni, un tipo alto e
massiccio. Tese la mano destra a Giovanni: una stretta forte che per poco non
lo fece urlare di dolore.
-Abbiamo ricevuto un messaggio in
cui si parla di te.-
L'uomo parlava con un accento vagamente napoletano.
Giovanni arrossì, gli mancò il
fiato.
-La tua storia sembra
confermata.-
L'espressione del compagno era
mutata. Aveva assunto un'aria di gran serietà. Guardava Giovanni diritto negli
occhi.
-Cosa pensi di noi?-
Giovanni prese un po' di fiato.
-Non credo di dover pensare
niente. Ho da imparare.-
-Lo sai che siamo impegnati in
una lotta mortale?-
-Lo so.-
-E non si giocano solo le nostre
vite, è l'avvenire dell'umanità. Questo lo sai? Ne sei convinto?-
-Credo di esserlo.-
-Credi o lo sei?-
-Se in Italia mettono in galera
gente come Clotilde allora vuol dire che non c'è giustizia.-
Il compagno osservò per un
momento il nuovo arrivato. La sua era una risposta semplice. Nel ragazzo non
c'era traccia di imparaticcio: quelle
pagine di Carlo Marx lette velocemente e che altre volte aveva sentito
sciorinare da giovanotti ammalati di romanticismo.
-Come hai fatto a diventare così amico
di Clotilde?-
"Ma che hanno per la testa?"
-E' stato per caso. Clotilde è
una donna sola, ma è un simbolo. Mi ha presentato al professor Parenti, ora è
morto...Non fatevi strane idee su Clotilde, potrebbe essere mia madre.-
Il compagno sorrise.
-E la tua famiglia? I genitori?
Tua madre?-
Giovanni distolse lo sguardo dal
compagno che invece lo osservava ancora più attento. Rispose dopo un silenzio
che sembrò lunghissimo.
-E' difficile. Credo di aver dato
un gran dispiacere alla mia famiglia e se penso a mia madre mi viene da
piangere, ma è successo. Ora non posso farci niente.-
-Lo sai che non dovrai avere
nessun contatto con la tua famiglia?-
-Lo immagino. I miei sentimenti
però riguardano solo me.-
Giovane. Istruito. Tipico esempio di tradimento di classe: è un
investimento per il futuro. Atteggiamenti di individualismo piccolo borghese?
E' il problema minore. Si abituerà ai nostri modi che non sono rose e fiori. Il
partito può rischiare? Per me si.
-Cosa hai letto di Marx e Lenin?-
-Di Lenin niente, di Marx ho
letto il Manifesto dei comunisti e qualcosa sul materialismo e la storia.-
-E le tue conclusioni?-
-Mi sono chiesto perché ho perso
il mio tempo sui banchi di scuola.-
Il compagno estrasse una
sigaretta dal pacchetto, l'accese. Non fece il gesto di offrirne a Giovanni.
-Ti faremo leggere. Ti daremo i
libri e li studierai, quando avrai finito di lavorare, come tanti operai
rivoluzionari. E fra qualche tempo ci rivedremo.-
Gli tese ancora la mano e
Giovanni la strinse senza curarsi delle piaghe causate dal badile.
Quando con Pietro uscirono nel
vicolo buio, Giovanni avrebbe voluto parlare. Voleva iniziare finalmente un
discorso con quell'uomo, ma non gli venivano le parole giuste e per questo
stava zitto anche lui. Camminarono per un tratto in direzione della casa dei
Ferri; la banlieu a quell'ora sembrava deserta, si fermarono sul bordo di un
vasto prato che dava verso la
Senna. Al di là del fiume c'era tutta Parigi. Pietro estrasse
di tasca il pacchetto delle sigarette, ne prese una e la infilò fra le labbra.
Tese il pacchetto a Giovanni.
-Vuoi fumare?-
Giovanni che in vita sua non
aveva mai fumato, prese una sigaretta e la rigirò fra le dita incerto. Guardò
Pietro.
-E fuma!-
Pietro accese il fiammifero e lo
accostò a Giovanni che aspirò piano e
soffiò il fumo. Non aveva nemmeno tossito. Davanti a lui c'era la notte e
Parigi. Vedeva le luci, la torre e le cupole illuminate.
-Parigi.-
Chiamò a voce alta.
Non aveva per niente voglia di
dormire e la fatica del lavoro sembrava scomparsa. Pietro si mosse e lui gli
camminò a fianco, presero in direzione del fiume e quando smisero di parlare
Pietro guardò l'orologio a cipolla dei ferrovieri. Era un ricordo di suo padre,
morto in Italia tre anni prima. Era l'ora di andare a lavorare.
fine della terza parte
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