venerdì 30 gennaio 2015

Noi cambieremo il mondo. Di Stefano Viaggio. Terza parte. Secondo episodio

Giovanni guardava gli operai che chiacchieravano tranquilli, l'espressione dei volti era serena. Dietro il grande cancello altri operai scherzavano con chi sostava nella strada. Una donna distribuiva manifestini, aveva lunghi capelli neri e sorrideva quando si fermava a scambiare qualche parola con gli operai. Sul risvolto del cappotto portava un piccolo distintivo rosso.
Giovanni attraversò la strada e si avvicinò alla donna.
-S'il vous plait.-
Lei lo guardò indecisa, ma diede il foglietto a Giovanni che provò a sorridere. Si guardarono per un momento e Giovanni trovò il coraggio di parlare. Le disse che s'era perso e che cercava una strada: mostrò l’indirizzo, disse che in quella strada ci abitavano gli italiani.
-E' vero.-rispose la donna.-E' proprio qui vicino, devi andar diritto e prendere la seconda a destra. Gli italiani che cerchi sono tutti antifascisti. E tu, sei fascista?-
Giovanni scosse la testa con violenza. Non si aspettava la domanda, ma quella donna gli piaceva, tutto quello che accadeva attorno a lui gli sembrava magnifico. Una fabbrica con dentro operai che non lavoravano, altri operai accanto a bandiere e striscioni, falci e martello e manifestini per i quali in Italia c'era il carcere assicurato.
Qualcuno aveva intonato una canzone che Giovanni non aveva mai udito.
-Bravò, italiano. Un giorno anche in Italia gli operai alzeranno la testa, non è vero?-
A Giovanni la donna sembrò bellissima. Come avrebbe voluto essere insieme a Clotilde, a Tunin, ai compagni con i quali s'era riunito in segreto. E avrebbe voluto accanto a se Agnese che gli aveva portato, senza capire niente di quello che accadeva, il biglietto di Clotilde con l'indirizzo dei Ferri.
Ma invece era solo, a Parigi.
-Mercì, madame.-disse e attraversò la folla di operai, sperò di udire una voce che parlasse italiano. Si sarebbe fermato e avrebbe detto: "mi chiamo Giovanni Riva, vengo dall'Italia e la penso come voi."
Ma non udì nessuno parlare in italiano, si allontanò dallo sciopero e seguì l'indicazione della donna. Presto si perse in un intrico di viuzze e cortili fangosi.
Udì voci di bambini che provenivano da un cortile. Urlavano fra loro in italiano.

-Chi sei?-gli chiese il ragazzino.
-Sono un amico, l'indirizzo me l'ha dato Clotilde Calosso.-
Il ragazzino si staccò dal gruppo e si avviò verso l'uscita del cortile. Una bambina disse a Giovanni:
-Quello è il figlio di Costantina Ferri, vai dietro a lui e la trovi.-
Costantina lo invitò a sedersi nella piccola cucina, Giovanni chiese un bicchier d'acqua. Più che la fame era la sete a tormentarlo, non aveva quasi denaro in tasca e non sapeva dove avrebbe passato la notte. La donna ascoltò il suo racconto in silenzio, quando Giovanni terminò di parlare disse:
-Mio marito sarà qui a momenti.-
Pochi minuti dopo Pietro Ferri tornò dal lavoro. Ascoltò anche lui il racconto di Giovanni e quando seppe che il giovane si chiamava Riva, gli tornò in mente un nome.
-Sarai per caso parente di un certo Giulio Riva?-
-E' mio zio.-disse Giovanni.
Pietro tacque, si ricordava bene di Giulio Riva, uno dei capi del fascio della città e comandante di una spedizione punitiva in cui una donna incinta aveva perso il bambino.
Pietro mormorò qualcosa alla moglie, prese il berretto e uscì di casa sbattendo la porta. Prima di andarsene aveva detto a Giovanni:
-Tu non muoverti.-
E aveva lanciato un'occhiata alla moglie e ai figli, tre  maschi e una femminuccia, per dire: "se ve lo lasciate scappare vi spello vivi".
Costantina mise sulla tavola un pezzo di pane e un angolo di formaggio.
-Avrai fame.-disse.
Giovanni cominciò a sbocconcellare il pane e mandò giù a fatica il pezzetto di formaggio, ma non aveva fame. Gli era passata del tutto quando aveva compreso che quella gente non era ben disposta nei suoi confronti e lo avrebbero volentieri messo alla porta.
Pietro ritornò dopo mezz'ora. Giovanni dormicchiava, con il capo sulle braccia incrociate sul tavolo.
Gli andò vicino e lo scosse bruscamente.
-Tu vieni con me.-disse.
-Dove andiamo?-chiese Giovanni, stordito da quei modi che mai nessuno aveva usato con lui.
-A te non interessa.-rispose Pietro e s'avviò per primo verso la porta di casa. Si volse e disse ancora.
-Sbrigati.-
Giovanni gli andò dietro e lo seguì nelle stradine della periferia parigina, poi Pietro imboccò un vicolo oscuro. Si fermò dopo aver percorso pochi metri e batté contro una porticina che subito si aprì. Giovanni fu introdotto in un piccolo locale in cui c'erano tre persone e odore di vino.

Carboneria.

Tutto gli sembrava simile a quell'antica società segreta.
Sedette davanti agli sconosciuti, tre uomini sui quarant'anni illuminati debolmente da una lampadina che pendeva da una trave del soffitto molto basso.
Giovanni cominciava ad aver paura.

Ora mi ammazzano.

Ma invece non succedeva niente, gli uomini lo guardavano e Pietro taceva. Dopo secondi interminabili uno dei tre, forse il più anziano, estrasse dal taschino della giacca il biglietto di Clotilde e lo osservò per un momento.
-Qualcuno ha tradito i nostri compagni, oggi sono tutti in galera.-si volse verso gli altri-Tutti, tranne questo, il signor Riva. Perchè?-
E i tre tornarono a guardare Giovanni.

E' vero. Qualcuno ha fatto la spia, non sarei qui senza un traditore. Ma chi? Questi non mi crederanno mai.

-La mia famiglia in città conta. Credo che non mi abbiano arrestato per riguardo a mio padre e mio zio.-
L'uomo emise un "hum".
-Sarà vero?-
Si rivolgeva sempre agli altri. A Giovanni l'uomo dava fastidio: non aveva messo in conto di non essere creduto.
-Tu rimarrai in custodia di Pietro Ferri. Fai attenzione, perché se ci prendi in giro te la vedrai molto brutta. Per stasera puoi andare a dormire.-
Aveva parlato con l'indice puntato al petto del ragazzo. Come la canna di una pistola.

-Il biglietto non è falso. Io Clotilde Calosso l'ho conosciuta meglio di loro e non manderebbe una spia in casa mia.-ripeteva a se stessa Costantina. Ascoltava il leggero russare di Pietro, i bambini dormivano quieti mentre sul ballatoio anche Giovanni dormiva. S'era sdraiato sul vecchio pagliericcio che gli aveva dato Costantina e subito era caduto in un sonno profondo.
Costantina sentì suo marito muoversi, lei non aveva dormito per quasi tutta la notte.

Che succede in Italia? Un ragazzo, figlio di borghesi,  scappa a Parigi dopo aver rischiato la galera perché s'è compromesso con i comunisti. O è Clotilde che se l'è messo nel letto e allora…

Pietro aprì un occhio.
-Sei sveglio?-
Il marito le rispose con un grugnito, allora Costantina si sentì autorizzata a parlare.
-Che avete deciso per il ragazzo?-
-Niente. Ho sonno.-
-Non avete deciso niente?-
Ora Pietro era sveglio del tutto.
-Sta zitta! Svegli tutti. Per il momento resta da noi: il partito deciderà. Lo capiremo presto se è una spia.-
-Una spia non si presenta in questo modo.-
Pietro tacque, forse Costantina aveva ragione. E se invece i fascisti avessero cambiato tattica?
-Clotilde è una brava compagna.-disse Costantina.
-E  da quanto tempo non vedi la Calosso?-
-Da quando ce ne siamo andati.-
-E allora?-
-E allora cosa?-
-Son passati quasi dieci anni. E succedono tante cose in dieci anni.-
-Ma se le hanno ammazzato il marito.-
-Tutto può succedere.-
-Il ragazzo dice che l'hanno arrestata.-
-Questo lo sapevamo già. Dobbiamo aspettare una conferma.-
-E cosa farà in questi giorni a casa nostra?-
-Niente. Non dovrà uscire, lo sorveglieremo.-
-Ma quanto durerà questa storia?-
-Non lo so. Non lo so. Il partito deciderà.-
Tacquero. Il tic-tac della sveglia ricordava a Pietro che fra poco avrebbe dovuto lasciare il letto caldo, sua moglie, i figli. E ora questa nuova preoccupazione.

E se ha ragione lei?

Diede un'occhiata a Giovanni che dormiva come un sasso, entrò in cucina e andò a sedersi al tavolo dopo aver acceso la stufa. Pietro faceva tutto da solo, non voleva essere servito da sua moglie.

Se ha ragione Costantina vuol dire che in Italia si muove qualcosa tra i  borghesi. Il partito non sbaglia: bisogna estendere le alleanze e proprio ora che preparano nuove guerre. Se questo dice la verità è la prova che il partito vede giusto. Bisogna aspettare. Ma quanto? E se passano mesi, questo può rimanere in eterno chiuso in casa nostra?

Passò una settimana. A Giovanni era stato ordinato di non muoversi, oltre a Costantina e ai figli di Pietro Ferri veniva sorvegliato da un altro carceriere. Un giovanotto alto e ossuto che si presentava in casa Ferri verso le otto del mattino e se ne andava tre ore dopo. Sedeva in cucina, non diceva una parola e leggeva l'Umanité. All'inizio Giovanni aveva provato a dire qualcosa, ma il giovane l'aveva guardato senza rispondere ed era tornato ad occuparsi del suo giornale. Giovanni dopo tre giorni di silenzi e segregazione pensava che prima o poi sarebbe impazzito. I bambini lo guardavano con astio, Pietro gli rivolgeva si e no qualche parola, solo Costantina parlava con il ragazzo. Gli aveva chiesto della città e di Clotilde. Giovanni le aveva raccontato come aveva conosciuto la Vedova Rossa e a Costantina era parso che a Giovanni venissero le lacrime agli occhi.
-E la tua mamma?-gli aveva chiesto.
Giovanni aveva taciuto per un momento.
-Preferisco non parlarne.-
E Costantina gli aveva risposto con un sospiro.
-E c'è un'altra persona, se solo potessi...-aveva aggiunto Giovanni. Ma era come se parlasse a se stesso e il discorso non era andato avanti.
Costantina s'era convinta che il ragazzo diceva la verità.
Due sere dopo affrontò il marito.
-Domani lo studente va a lavorare. Sono stanca di averlo per casa e se continua così ci lascia le penne. E secondo me dice la verità, non c'è motivo di tenerlo prigioniero.-
Costantina sembrava decisa a risolvere la situazione a suo modo. Pietro provò a rispondere:
-Il partito...-
-Il partito è pieno di gente come te, con la testa dura. Mettete alla prova lo studente!-tagliò corto Costantina.
L'indomani a Giovanni fu annunciato che il regime di segregazione era finito. Gli dissero che doveva guadagnarsi il piatto di minestra che riceveva in casa Ferri.
Pietro lo svegliò che era ancora buio e senza dire troppe parole lo condusse sino a una stazione ferroviaria. Era solo uno scalo periferico. Affidò Giovanni al giovanotto ossuto e silenzioso. Quello non gli tese la mano per salutarlo, s’incamminò per un sentiero che costeggiava i binari e raggiunse un mucchio di carbone con un badile conficcato in cima. Afferrò il badile e ritornò da Giovanni.
-Se vuoi diventare un vero comunista impara cos'è il lavoro. C'è da caricare il carbone sui vagonetti. Au revoir, studente.-disse.
E lasciò Giovanni alle prese con qualcosa che non aveva mai fatto nella vita.

Le mani erano piene di  piaghe, ma quella sera Giovanni era meno sconsolato. Avrebbe voluto leggere, ma in casa Ferri non c'erano libri e gli opuscoli che gli era parso di vedere in una scansia della cucina erano proibiti per lui. Pietro gli aveva detto:
-Questa roba a te non deve interessare.-
E Giovanni s'era dovuto accontentare dei giornalini che i figli di Costantina gli avevano prestato di malavoglia.
Giovanni si distese sul pagliericcio dopo aver divorato il piatto di minestra che Costantina gli aveva lasciato, avrebbe volentieri aiutato i ragazzi a fare i compiti, ma non osava chiedere. Pochi minuti dopo tornò Pietro. Aveva prelevato il ragazzo e l'aveva accompagnato a casa, poi se n'era andato in fretta. Costantina avvertì nell'espressione di suo marito che c’erano novità. Pietro si avvicinò a Giovanni.
-Tirati su, vogliamo parlarti.-
Scesero in strada e raggiunsero il vicolo oscuro su cui si apriva la porticina di quello che a Giovanni era sembrato un retrobottega. Li accolsero i tre personaggi che Giovanni aveva conosciuto la sera del suo arrivo e una quarta persona che non sembrava un operaio. Questo Giovanni lo comprese subito. Era sui trent'anni, un tipo alto e massiccio. Tese la mano destra a Giovanni: una stretta forte che per poco non lo fece urlare di dolore.
-Abbiamo ricevuto un messaggio in cui si parla di te.-
L'uomo parlava con un accento vagamente napoletano.
Giovanni arrossì, gli mancò il fiato.
-La tua storia sembra confermata.-
L'espressione del compagno era mutata. Aveva assunto un'aria di gran serietà. Guardava Giovanni diritto negli occhi.
-Cosa pensi di noi?-
Giovanni prese un po' di fiato.
-Non credo di dover pensare niente. Ho da imparare.-
-Lo sai che siamo impegnati in una lotta mortale?-
-Lo so.-
-E non si giocano solo le nostre vite, è l'avvenire dell'umanità. Questo lo sai? Ne sei convinto?-
-Credo di esserlo.-
-Credi o lo sei?-
-Se in Italia mettono in galera gente come Clotilde allora vuol dire che non c'è giustizia.-
Il compagno osservò per un momento il nuovo arrivato. La sua era una risposta semplice. Nel ragazzo non c'era  traccia di imparaticcio: quelle pagine di Carlo Marx lette velocemente e che altre volte aveva sentito sciorinare da giovanotti ammalati di romanticismo.
-Come hai fatto a diventare così amico di Clotilde?-

"Ma che hanno per la testa?"

-E' stato per caso. Clotilde è una donna sola, ma è un simbolo. Mi ha presentato al professor Parenti, ora è morto...Non fatevi strane idee su Clotilde, potrebbe essere mia madre.-
Il compagno sorrise.
-E la tua famiglia? I genitori? Tua madre?-
Giovanni distolse lo sguardo dal compagno che invece lo osservava ancora più attento. Rispose dopo un silenzio che sembrò lunghissimo.
-E' difficile. Credo di aver dato un gran dispiacere alla mia famiglia e se penso a mia madre mi viene da piangere, ma è successo. Ora non posso farci niente.-
-Lo sai che non dovrai avere nessun contatto con la tua famiglia?-
-Lo immagino. I miei sentimenti però riguardano solo me.-

Giovane. Istruito. Tipico esempio di tradimento di classe: è un investimento per il futuro. Atteggiamenti di individualismo piccolo borghese? E' il problema minore. Si abituerà ai nostri modi che non sono rose e fiori. Il partito può rischiare? Per me si.

-Cosa hai letto di Marx e Lenin?-
-Di Lenin niente, di Marx ho letto il Manifesto dei comunisti e qualcosa sul materialismo e la storia.-
-E le tue conclusioni?-
-Mi sono chiesto perché ho perso il mio tempo sui banchi di scuola.-
Il compagno estrasse una sigaretta dal pacchetto, l'accese. Non fece il gesto di offrirne a Giovanni.
-Ti faremo leggere. Ti daremo i libri e li studierai, quando avrai finito di lavorare, come tanti operai rivoluzionari. E fra qualche tempo ci rivedremo.-
Gli tese ancora la mano e Giovanni la strinse senza curarsi delle piaghe causate dal badile.
Quando con Pietro uscirono nel vicolo buio, Giovanni avrebbe voluto parlare. Voleva iniziare finalmente un discorso con quell'uomo, ma non gli venivano le parole giuste e per questo stava zitto anche lui. Camminarono per un tratto in direzione della casa dei Ferri; la banlieu a quell'ora sembrava deserta, si fermarono sul bordo di un vasto prato che dava verso la Senna. Al di là del fiume c'era tutta Parigi. Pietro estrasse di tasca il pacchetto delle sigarette, ne prese una e la infilò fra le labbra. Tese il pacchetto a Giovanni.
-Vuoi fumare?-
Giovanni che in vita sua non aveva mai fumato, prese una sigaretta e la rigirò fra le dita incerto. Guardò Pietro.
-E fuma!-
Pietro accese il fiammifero e lo accostò a Giovanni che  aspirò piano e soffiò il fumo. Non aveva nemmeno tossito. Davanti a lui c'era la notte e Parigi. Vedeva le luci, la torre e le cupole illuminate.
-Parigi.-
Chiamò a voce alta.
Non aveva per niente voglia di dormire e la fatica del lavoro sembrava scomparsa. Pietro si mosse e lui gli camminò a fianco, presero in direzione del fiume e quando smisero di parlare Pietro guardò l'orologio a cipolla dei ferrovieri. Era un ricordo di suo padre, morto in Italia tre anni prima. Era l'ora di andare a lavorare.


fine della terza parte

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