mercoledì 6 agosto 2014

Lettera di un Commissario di Pubblica Sicurezza al suo Prefetto 1920

Il vecchio signore mi porse un foglio ingiallito dal tempo.
Era una lettera su carta intestata del Regio Mini­stero dell’Interno: la scrittura era minuta e precisa, come s’usava quando ancora i genitori studiavano l’ormai dimenticata “calligrafia”.
-Legga, legga a voce alta. Gli occhi non mi aiutano più. La inviai al Prefetto molto tempo fa...Non li ho mai dimenticati.-
Dal tono accorato compresi che a quel documento l’anziano signore attribuiva grande importanza. E questo pensiero mi diede apprensione e profonda emozione. Lessi per lui, dopo aver schiarito la voce.
-Egregio Signor Prefetto, mi sono recato ancora una volta in Villa Biancospino, luogo nel quale si è consumato l’avvenimento triste sul quale con la presente riferisco. Il Conte Golfredo di Santospirito e la signorina Teresa Navarrini si sono uccisi con la pistola d’ordinanza del Conte Golfredo, Capitano del Regio Esercito e decorato di medaglia d’oro al valor militare per il comportamento tenuto nel corso dei combattimenti sul Monte Grappa. Dagli accertamenti compiuti dal medico legale, il Dott. Francesco Giletti, si è stabilito che il Conte Golfredo prima ha rivolto l’arma contro la signorina Navarrini, poi ha posto fine alla sua vita. Il Dott. Giletti ha stabilito altresì che la Teresa Navarrini ha continuato a vivere ancora per circa quindici minuti dopo la morte del suo amante. La signorina Navarrini era pantalonaia presso la Sartoria Belguardi, sita in via Nazionale numero 7 e ben conosciuta nella capitale. Giunto al termine dell’indagine posso affermare, senza ombra di dubbio, che il motivo del gesto compiuto dai due amanti è stata l’impossibil­ità di coronare il sogno d’amore iniziato nella primavera del diciassette, epoca in cui il Conte Golfredo conobbe Teresa nel corso di sua breve licenza dal fronte. I due giovani non hanno retto all’idea di venir divisi a causa di quella differenza di ceto che stabilisce confini precisi nei rapporti vigenti all’interno della nostra società. Quando si conobbero i due simpatizzarono e diven­nero amanti. Il Conte Golfredo scrisse dal fronte ardenti lettere d’amore alla Teresa Navarrini ed ella rispose in tono altrettanto appassionato, ma con un linguaggio, nello stile e nella forma, assai più modesto. Forse i due amanti hanno riletto ancora una volta queste lettere prima di porre fine alla loro esistenza. Le abbiamo trovate sul piano del comodino, accanto al letto sul quale si è consumato il triste avvenimento. Erano ben ordinate e legate insieme con un nastrino dorato. La guerra finì e il Conte Golfre­do tornò in famiglia: era un eroe, uomo integro nel corpo sognava l’impossibile. Espose al padre, Giovanni di Santospirito, l’intenzione di sposare la sua Teresa, ma ottenne un secco rifiuto: la medaglia al valore non contava e neppure le sofferen­ze patite potevano bastare a far deviare il vecchio signore dai suoi principi. I primogeniti dei Santospirito avevano sposato ragazze di rango e così doveva essere anche per Golfredo. Tenesse pure Teresa come amante, mai come moglie. Tra padre e figlio volarono minacce, Golfredo abban­donò la casa paterna. I mezzi non gli mancavano, avrebbe potuto sposare la ragazza, intraprendere una professione e rinunciare ai privilegi del casato. Ma Golfredo era disperato, l’avvocato Alberto Salvi, tenente maggiore dei bersaglieri, mi ha riferito che Golfredo girava con la pistola in tasca ed era pronto ad uccidere il vecchio Santospirito, se l’avesse incontrato. E inoltre mi disse che il suo amico era turbato dal tanto sangue versato per la vittoria sul secolare nemico. Pronunciava parole che non avrebbe mai detto mesi avanti, gli sembrava che tutto fosse stato inutile e gli tornavano avanti agli occhi i volti dei compagni caduti e quelli dei nemici uccisi nelle tante battaglie a cui aveva preso parte. Tre settimane orsono la Teresa Navarrini non si presentò al lavoro, i due s’erano rifugiati in Villa Bianco­spino di cui Golfredo aveva ottenuto l’accesso corrompendo i servi che aveva poi allontanato versando loro tutto il denaro che gli rimaneva nelle tasche. I due scomparvero dal mondo sino al giorno in cui gli amici di Golfredo iniziarono le ricerche. E fu scoperto il tragico gesto dei  giovani amanti. Accanto ai cadaveri solo un foglietto con queste parole: “seppelliteci l’uno accanto all’altra, quello che non è stato possibile in vita lo sia nella morte”. La richiesta è stata esaudita ed oggi Teresa riposa nella tomba di famiglia dei Santospirito, accanto a Golfredo. Il vecchio conte ha dato il suo consenso, ma ha lasciato la capitale e già vive solitario nelle sue terre del nostro meridione. Non ho altro da aggiungere ed ogni mia altra conside­razione sarebbe fuori luogo. Ma, vista la stima da lei più volte espressa nei confronti miei e del mio operato, mi sia consentito d’esprimere qui un certo smarrimento che provo in questa serata di dolce primavera in cui la vita sembra risvegliarsi dopo il lungo inverno che ci lasciamo alle spalle. Perché, mi chiedo, tanto sciupio d’amore? Mi viene da pensare che, purtroppo, le tante ferite di questa recente guerra, foriera di cambiamenti prodigiosi per la cara Italia, faranno fatica a chiudersi. Forse la storia di Golfredo e Teresa ne è la prova. Con rispetto e stima.-
Il vecchio commissario osservò la linea del mare e mi parve ascoltare il respiro del tempo.
Pourville-sur-Mer 15/8/2001                                                     Stefano Viaggio
                                        

Nessun commento:

Posta un commento