venerdì 8 agosto 2014

Il passaggio dello zio Ettore 1937

Ritornava nella casa di zia Giulia dopo decenni di assenza dall’Italia, era ormai alle soglie della vecchiaia e provava grande piacere nel ritrovare i luoghi in cui aveva trascorso gli anni più belli della giovinezza. La sua piccola città e le colline circostanti quel giorno lo affascinavano. Il paesaggio che osservava con occhi quasi forestieri gli ricordava  i suoi vent’anni e l’infanzia.
Nella casa di zia Giulia in una notte lontana, era un bambino di nove anni, aveva incontrato lo zio Ettore.
Sedette sulla poltrona e osservò la fotografia di Ettore incorni­ciata in un rettangolo di legno dorato. In basso, come se avessero voluto appuntarla sul petto, c’era la medaglia d’oro. Inserita tra il vetro e la fotografia, lentamente scivolava verso il basso e s'inclinava un po'.
Tornava dopo aver vissuto lontano e percorso il mondo suonando il violino in mille teatri. Lo consideravano famoso, ma, e ne era certo, fra poco lo avrebbero dimenticato.
Ettore nella fotografia era un bel ragazzo biondo e sorridente. Si chiese quanti anni avesse allora, venti? Forse. Era l’unica fotografia?
Tornarono alla memoria le voci di un Natale lontano, i volti degli zii e i regalucci per i bambini. Ma c’era anche un parlare sommesso fra i grandi e sguar­di d’intesa e zia Giulia che a un tratto era corsa in cucina dalla mamma, e lui aveva capito che zia Giulia piangeva. E gli era parso di udire il nome di una nazione non molto lontana dall’Italia, una grande penisola di color verde disegnata sulla carta geografica appesa in classe, proprio accanto a quella dell’impero d’Italia.
Lo zio Ettore andava...in Spagna?
Si sollevò dalla poltrona e s’avvicinò alla fotografia: nell’in­certa luce della vecchia lampada mai sostituita dalla zia Giulia, provò a leggere all’interno della medaglia, ma gli occhiali li aveva lasciati in albergo.
E allora... Il segno più tangibile della vecchiaia è la vista che s’indebolisce. Per fortuna resta la memoria che si fa nitida e precisa quando il pensiero va a tempi lontani. 
E ricordò i volti di chi aspettava il passaggio di Ettore. Gli zii, sua madre, suo padre, i cugini quasi giovanotti. Quelle persone erano già morte da tempo, l’ultima era stata zia Giulia, quasi centenaria. Gli lasciava la casa in eredità e ora voleva, anzi dove­va, venderla. Con quei soldi avrebbe pensato ad Ester che da poco s’era separata dal marito e chiedeva aiuto.
Si mosse nella stanza, volse le spalle alla fotografia di Ettore, ma sentì il suo sguardo. E con un vago senso di disagio fu come se tutto quel mondo tornasse a circondarlo. Si volse verso il giovanotto sorridente e d’in­canto il disagio non c’era più, al suo posto solo la quiete di un ricordo soltanto suo.
Aveva cancellato quel particolare dalla memoria, ma lui, bambino, zio Ettore l’aveva visto, anzi era stato l’ultimo a salutarlo. L’avevano messo a dormire, ma era rimasto ad ascoltare i rumori della casa, le voci, i passi. E così erano passate le ore. Era stata la prima notte di veglia nella sua vita. Un segreto che non aveva mai raccontato a nessuno.
A metà della notte ancora un rumore l’aveva deciso a scendere dal letto. Zio Ettore era in corridoio davanti allo specchio e si ravviava i capelli biondi.
Ettore l’aveva osservato con lo stesso sorriso della fotografia, poi s’era avvicinato e gli aveva chiesto quanti anni avesse ora che s’era fatto grande. Lui se lo ricordava quando piangeva nella culla. Poi l’aveva preso per mano e tutti e due erano andati davanti allo specchio.
E gli veniva in mente quell’immagine riflessa: zio Ettore appari­va come un gigante e lui come una piuma. E lo zio aveva fatto un gesto: lentamente aveva piegato il braccio in alto e le dita della mano sinistra le aveva chiuse ben strette. Il vecchio pugno chiuso. Sorrise per quel gesto. Poi Ettore aveva parlato guardando dritto allo specchio, ma le parole dello zio non le ricordava più.
Ettore era morto in un combattimento all’arma bianca sulle sponde di un fiume spagnolo.
E questo fatto di famiglia l’aveva conosciuto solo più tardi, all’epoca in cui già portava i pantaloni lunghi e fumava sigarette americane che i soldati lanciavano dalle jeep in corsa. E ora lo zio Ettore tornava insieme agli altri con quel ricordo. Era lui a compiere il miracolo.
Ma guarda un po’! A più di sessant’anni...Gli veniva quasi da ridere.
“Ester capirà.”disse fra se. “Eppoi qualche soldo per lei c’è. Ester è in gamba, le racconterò di zio Ettore...forse fra le carte di zia Giulia c’è una lettera...una traccia...un’altra fotografia. No, questa casa non è in vendita.”

21/10/2001  
Stefano Viaggio

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