Ritornava nella casa di zia Giulia dopo
decenni di assenza dall’Italia, era ormai alle soglie della vecchiaia e provava
grande piacere nel ritrovare i luoghi in cui aveva trascorso gli anni più belli
della giovinezza. La sua piccola città e le colline circostanti quel giorno lo
affascinavano. Il paesaggio che osservava con occhi quasi forestieri gli
ricordava i suoi vent’anni e l’infanzia.
Nella casa di zia Giulia in una notte
lontana, era un bambino di nove anni, aveva incontrato lo zio Ettore.
Sedette sulla poltrona e osservò la
fotografia di Ettore incorniciata in un rettangolo di legno dorato. In basso,
come se avessero voluto appuntarla sul petto, c’era la medaglia d’oro. Inserita
tra il vetro e la fotografia, lentamente scivolava verso il basso e s'inclinava
un po'.
Tornava dopo aver vissuto lontano e
percorso il mondo suonando il violino in mille teatri. Lo consideravano famoso,
ma, e ne era certo, fra poco lo avrebbero dimenticato.
Ettore nella fotografia era un bel ragazzo
biondo e sorridente. Si chiese quanti anni avesse allora, venti? Forse. Era
l’unica fotografia?
Tornarono alla memoria le voci di un Natale
lontano, i volti degli zii e i regalucci per i bambini. Ma c’era anche un
parlare sommesso fra i grandi e sguardi d’intesa e zia Giulia che a un tratto
era corsa in cucina dalla mamma, e lui aveva capito che zia Giulia piangeva. E
gli era parso di udire il nome di una nazione non molto lontana dall’Italia, una
grande penisola di color verde disegnata sulla carta geografica appesa in
classe, proprio accanto a quella dell’impero d’Italia.
Lo zio Ettore andava...in Spagna?
Si sollevò dalla poltrona e s’avvicinò alla
fotografia: nell’incerta luce della vecchia lampada mai sostituita dalla zia
Giulia, provò a leggere all’interno della medaglia, ma gli occhiali li aveva
lasciati in albergo.
E allora... Il segno più tangibile della
vecchiaia è la vista che s’indebolisce. Per fortuna resta la memoria che si fa
nitida e precisa quando il pensiero va a tempi lontani.
E ricordò i volti di chi aspettava il
passaggio di Ettore. Gli zii, sua madre, suo padre, i cugini quasi giovanotti.
Quelle persone erano già morte da tempo, l’ultima era stata zia Giulia, quasi
centenaria. Gli lasciava la casa in eredità e ora voleva, anzi doveva,
venderla. Con quei soldi avrebbe pensato ad Ester che da poco s’era separata
dal marito e chiedeva aiuto.
Si mosse nella stanza, volse le spalle alla
fotografia di Ettore, ma sentì il suo sguardo. E con un vago senso di disagio
fu come se tutto quel mondo tornasse a circondarlo. Si volse verso il
giovanotto sorridente e d’incanto il disagio non c’era più, al suo posto solo
la quiete di un ricordo soltanto suo.
Aveva cancellato quel particolare dalla
memoria, ma lui, bambino, zio Ettore l’aveva visto, anzi era stato l’ultimo a
salutarlo. L’avevano messo a dormire, ma era rimasto ad ascoltare i rumori
della casa, le voci, i passi. E così erano passate le ore. Era stata la prima
notte di veglia nella sua vita. Un segreto che non aveva mai raccontato a
nessuno.
A metà della notte ancora un rumore l’aveva
deciso a scendere dal letto. Zio Ettore era in corridoio davanti allo specchio
e si ravviava i capelli biondi.
Ettore l’aveva osservato con lo stesso
sorriso della fotografia, poi s’era avvicinato e gli aveva chiesto quanti anni
avesse ora che s’era fatto grande. Lui se lo ricordava quando piangeva nella
culla. Poi l’aveva preso per mano e tutti e due erano andati davanti allo specchio.
E gli veniva in mente quell’immagine
riflessa: zio Ettore appariva come un gigante e lui come una piuma. E lo zio
aveva fatto un gesto: lentamente aveva piegato il braccio in alto e le dita
della mano sinistra le aveva chiuse ben strette. Il vecchio pugno chiuso.
Sorrise per quel gesto. Poi Ettore aveva parlato guardando dritto allo specchio,
ma le parole dello zio non le ricordava più.
Ettore era morto in un combattimento
all’arma bianca sulle sponde di un fiume spagnolo.
E questo fatto di famiglia l’aveva
conosciuto solo più tardi, all’epoca in cui già portava i pantaloni lunghi e
fumava sigarette americane che i soldati lanciavano dalle jeep in corsa. E ora
lo zio Ettore tornava insieme agli altri con quel ricordo. Era lui a compiere
il miracolo.
Ma guarda un po’! A più di
sessant’anni...Gli veniva quasi da ridere.
“Ester capirà.”disse fra se. “Eppoi qualche
soldo per lei c’è. Ester è in gamba, le racconterò di zio Ettore...forse fra le
carte di zia Giulia c’è una lettera...una traccia...un’altra fotografia. No,
questa casa non è in vendita.”
21/10/2001
Stefano Viaggio
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